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di reggio di calabria | 59 |
Nelle armi e nella potenza sempre or l’uno or l’altro de’ vincitori; al lavoro de’ campi, alle arti, agli scarsi studi, a’ tributi soltanto i vinti. Solito destino di chi soccombe, che rado o giammai lascia a’ caduti ristoro; adoperati talvolta, ma per bisogno, non per onoranza; partecipanti alla giurisdizione, ma per favore, non per diritto.
XIV. Del terzo libro (dall’anno 624 al 1196) formano materia l’invasione de’ Saracini in Calabria; la occupazione loro di Reggio; la lunga lotta tra essi e i Bizantini per ritorgliersela gli uni agli altri: i varii successi, le varie battaglie, le varie mutazioni che ne conseguitano; fino a che e la città e tutta la contrada vengono in potestà de’ Normanni, stirpe forse chiara per virtù guerriere, esaltata ne’ suoi capi colle lodi che sogliono prodigarsi a’ fondatori dell’indipendenza d’uno stato, ma origine non sai se più di danno o di guadagno a’ popoli napolitani.
In questi tempi è Reggio fatta capo de’ dominii greci in Italia, e diviene residenza d’un magistrato particolare, che, col titolo di Duca di Calabria, gli amministra1. Comprendendo gli autocrati di Costantinopoli di quanto fosse momento, a proteggere dalle in giurie de’ Saracini le possessioni rimaste loro ne’ vecchi Brullii, il tener le chiavi d’una città che n’era la porta maestra, la vennero semprepiù munendo e restaurando di agi e di potenza. Ond’ella risali per poco «ad una floridità maravigliosa, ed arricchitasi di sontuosi e nobili edfizi, ritornò popolatissima, opulenta, operosa di arti e d’industrie, e frequente di contrattazioni mercantili»2.
Ma presto le sfrondò i rami la fortuna; chè, sbocconcellata, sbattuta, fatta esangue da tanti contenditori, fu gran mercè se del tutto non inciprignì. Infesta, più che altro, le fu «la rabbia musulmana, che dopo il pasto aveva più fame che prima»3. E durò meglio che un secolo e mezzo così misero stato; a cui da vano cagione le violenze de’ tempi, il conquasso di tante pubbliche e private fortune, le scorrerie di genti sì varie di ambizioni e di favelle, la instabilità de’ dominii, e, dicasi, la poca Virtù de’ Reggini e de’ Calabresi in genere. I quali . alla corte di Bisan-