Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/135

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rassegna bibliografica 131

nuisce la giustezza delle sue dottrine paleografiche), egli non si ritiene di toccare, dove occorra, delle questioni teoriche e scentifiche: tra le quali è curiosa, per novità e per acume, quella sull’essenza dalla scrittura mista, che quasi tutti i paleografi ammettono come scrittura distinta, e che l’autore nostro, in questo senso, rifiuta.

È opinione del Vailly che della scrittura minuscola propriamente detta non si trovino esempi anteriori al secolo viii, ma che ne’ secoli precedenti tenesse il campo la scrittura mista o semionciale, la quale oltre ad avere caratteri propri, si compone di un numero più o meno grande di lettere minuscole e di onciali. Il Milanesi, senza rinnegare affatto la preesistenza della minuscola (validamente affermata dai PP. Maurini), accettò in massima la teoria del Vailly, confortandola coll’osservazione «che nello svolgersi della scrittura avvi un’epoca di transizione, in cui la minuscola cerca d’uscire dalle fasce dell’infanzia, per giungere nel secolo viii ad avere tutti i caratteri che distintamente lo costituiscono»1. Posto questo principio, ammise egli pure l’esistenza della scrittura mista, della quale, sulle traccie del paleografo francese, delineò i caratteri; e com’uno dei più belli e antichi esemplari d’una tale forma di scrittura, citò il codice fiorentino delle Pandette, scritto, a quanto credesi, nel secolo vi2. In tali opinioni non consente il dottor Gloria. Ammette «l’uso della scrittura perfettamente minuscola anche ai tempi romani»; riconosce in pari tempo non pochi scritti di lettere minuscole mescolate a lettere onciali, non solo prima, ma anche dopo il secolo viii»; ma non crede giusto «di chiamarle mistesemionciali; nè «con altro nome», per più ragioni, che in sostanza possono ridursi a due: la prima si è, che l’introduzione di questa nuova classe può generare confusione, «e finiremo col non intenderci più»; l’altra, «che tre o quattro lettere di altra specie in una scrittura non possono cangiare, nè cangiano infatti, la sua fisonomia» (pag. 85, 86). In prova di ciò il signor Gloria riproduce, nella vii delle sue Tavole paleogra-

  1. Miscell. Milanesi, xxvi, 460.
  2. Ivi, 483.