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Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/299

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fra venezia e ravenna 5

altrui cioè su quelle dei Romani tosto rivolte a corruttela, sulle difese militari, sulla magnificenza della corte dei Goti e sulla autorità degli Esarchi, in breve tornò a niente, mentre quello di Venezia ch’ebbe origine nel lavoro, no’ traffici, nella virtù dei cittadini medesimi, lunghissimamente si mantenne. E di vero leggendo nelle istorie di queste due città, si veggono i Veneziani temperare di continuo l’ardire con l’accortezza, e la perizia dell’arte della guerra anzichè al soddisfacimento di vana ambizione di dominio, rivolgere a guarentigia dei commerci e dei frutti dell’arti della pace, più che a goder del presente solleciti ad apparecchiare maggiore agiatezza ai figliuoli ed a farli eredi di prosperevoli anni. Ma per contrario ti par di vedere i Ravennati procedere nei tempi camminando quasi a ritroso, intenti solamente a compiacersi nelle antiche memorie ed a rimirare le reliquie della grandezza dei loro antipassati, delle cose presenti menando interminabil querela.

Ora io spero che non sarà vana fatica il porre in maggior luce le relazioni che ebbero insieme queste città così disparate nell’indole e nella fortuna, che le loro istorie più chiaramente dell’altre pare ne possano dire


«Perchè una gente impera e l’altra langue».


II. Delle condizioni dei Ravennati e delle mire costanti dei Veneziani, fanno fede le Concordie ovvero i Patti (che verremo esponendo a suo luogo, e sono pressochè tutti sconosciuti ed inediti) coi quali essi vincolarono a vicenda i loro liberi Comuni sino da’ primi anni del secolo terzodecimo: con altri documenti di varia maniera si possono dichiarare i tempi anteriori. E noteremo in prima come sin dall’ottavo secolo, caduto il governo greco, i Veneziani non trovarono vicino che loro piacesse. Non volevano in Ravenna nè Longobardi nè imperatori franchi; non trattarono sempre d’un modo gli imperatori tedeschi