Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/447

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rassegna bibliografica 153

«zia il dar colpa di tutto questo a Masaccio; al quale in quella vece si debbe quella lode che merita un ingegno potente, che seppe rivolgere l’arte da un sentiero, ove essa sarebbe rimasta stazionaria, o si sarebbe smarrita, col ricondurla a meglio intendere il suo fine, e additandole i mezzi più propri a raggiungerlo». Gli scultori che cercheranno nella Raccolta del Pini l’autografo di Donatello, vi troveranno accanto queste riflessioni opportunissime e verissime e piene d’amore per l’arte: «Meritamente e senza contrasto ottiene Donatello il principato nella scultura del secolo XV, essendo egli stato ingegno maravigliosamente naturato a quest’arte, perchè diede alle sue figure forza, espressione e moto grandissimo; e trattando il marmo come materia molle e cedevole, seppe, portato in un subito da quel primo furore che invade gli artefici eccellenti, cavar fuori dal rozzo sasso, con pochi colpi, il suo concetto e dargli forma nuova e sempre appropriata; tantochè alcune sue opere si crederebbero fatte nel primo impeto della fantasia, senza modello o altro provvedimento; così grande era allora la pratica e la risolutezza nel lavorare di scarpello! E per questa pratica ebbero i vecchi scultori gran vantaggio sopra i moderni; perchè mentre quelli, contentandosi di tenere innanzi un piccolo abbozzo, di cera o di creta, del loro concetto, ogni loro studio e fatica ponevano nel ben condurre di marmo le loro opere; al contrario i nostri artefici danno tutto il tempo e il pensiero a formarle di terra, lasciando la fatica ad uomini meccanici di riprodurre nel marmo i loro modelli. Il che fa che le sculture loro sieno lodevoli per minuta diligenza e pulitezza in ogni parte, ma riescano altresì fredde, e senza quello spirito, che il solo proprio artefice, lavorandole di sua mano, potrebbe infondere in esse». Leon Battista Alberti è dal Milanesi, più che ritratto, scolpito, in questa che, mentr’è compiuta notizia biografica, potrebbe pure, sopra un monumento a quell’uomo universale, trascriversi tale e quale per bellissima epigrafe: «Ingegno straordinario ed universale nelle lettere, nelle scienze e nelle arti. Autore di commedie latine che si credettero antiche, di romanzi che portarono il nome d’illustri scrittori, di trattati di economia