Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/290

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286 rassegna bibliografica

posta non dicano falsità. Di tali opere essendo il proposito tenersi sulle generali, dell’indeterminato l’anno arte e mestiere, rigettano, come indegni della Musa, anco que’ pochi particolari de’ quali rimane testimonianza, non s’accorgendo che ne’ particolari e l’essenza morale e la propria vita de’ fatti. Le vicende politiche e le mosse guerresche, quando se ne tolgano alcune differenze nell’uso degli artifizii e nel maneggio delle armi, in tutti i popoli e in tutti i secoli si somigliano tanto tra sè, che le storie intrinsecamente più diverse, riescono povere di quella varietà che dovrebbe renderle profittevoli insieme e piacevoli. Aggiungasi che gli apparecchi e gli esiti delle battaglie, anco narrati dai meglio esperti è dagli stessi testimoni e partecipi, narrati, se fosse possibile, senza nè odio nè amore di parte, non possono nello scritto rappresentare agli ignari e ai lontani le cose con la richiesta evidenza, e quasi sforzano la fantasia de’ lettori a congetture che li sviano dalla verità, non volendo. Aggiungasi che le segrete cagioni de’ pubblici grandi fatti sono sovente non piccole in sè, ma per gradi impercettibili vengono in molte anime umane operando, sì che lo scorgerne e l’additarne la serie torna impossibile fino a coloro che di que’ fatti paiono principali autori, e paiono a sè tali in parte essi stessi. Ond’è che la lode e il biasimo viene senza giustizia anco da’ più giusti giudici attribuito. Di tali ignoranze e licenze il pericolo è men grave a chi narra le vite degli uomini singoli; men grave almeno per questo, che ciascun fatto dalla natura stessa dell’assunto è meglio determinato; e lo storico, obbligandosi a meno, è dalle difficoltà meno oppresso; che il circostanziare le cose è non pur lecito ma debito a lui; che anco gli uomini noti per aver preso parte nella pubblica, a lui si presentano nella privata vita, dove si fa adito a indovinarli, se non a conoscerli pienamente; che gli esempi da potersene quindi offrire e del male da evitare e del bene imitabile, giungono più accessibili e più proficui a ciascheduno di noi; che però l’intento morale della storia può essere alquanto meglio conseguito.

Molta riconoscenza a Svetonio debbono dunque i posteri dalle sue Vite aiutati a conoscere cose che indarno e’ cercherebbero in altri libri; aiutati, da quel ch’egli dice, a giudicarle