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414 delle antiche relazioni

rida prigione per inedia e por i morsi dei topi un suo castaldo toscano.

Se non ohe quando adirato volea dar l’ordine di condurrò un infelice ai tormenti o alla morie, v’era un mezzo por distoglierlo dal crudele proposito dicendogli: Veniamo ad altro, parliamo del futuro pontefice: la speranza, la smodata ambizione prevaleva allora al furore.

Aveva una famiglia terribile e feroce, scrive il Sa1imbene, vale a dire che egli era sempre attorniato da scellerati, i quali però aveano in grande venerazione i frati minori, sapendoli tanto accetti al loro fiero signore. Girava sempre con quaranta uomini bene armati a difesa di sua persona e le genti lo temevano come il diavolo, chè poco più era temuto Ezzelino da Romano: timebant eum sicut diabolum, nam Icilinus de Romano parum plus timebatur1.

E così se nel principio è cagione di meraviglia il vedere che i Veneziani per combattere Ezzelino affidarono le loro armi all’arcivescovo ravennate, la cosa apparisce più chiara udita l’indole di questo prelato: il papa ed i Veneziani l’ebbero scelto, memori forse del proverbio: «Che un diavolo caccia l’altro».

Di mala morte, come io diss:, morì Ezzelino: Filippo, secondo il Salimbene, sentendosi in fine della vita volle rivedere la sua città natia, e steso sovra un gran letto di legno, accompagnato da venti uomini che dieci per volta lo portavano sulle spalle, da Ravenna andò pian piano a Pistoia dove morì nel 1274 e fu sepolto nella chiesa de’ suoi prediletti francescani.

[L’arcivescovo di Ravenna contrasta ai veneziani il possesso delle ripe del Po.] III. I Veneziani aveano avuto l’arcivescovo ravennate per validissimo cooperatore nel loro disegno di abbattere Ezzelino e di condurre in rovina tutta la fazione dei ghibellini; ma nell’altro di signoreggiare da soli sulle ripe

  1. Salimbene, Cronica.