Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/448

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442 rassegna bibliografica

strando che il Costanzo, nel primo caso, non seguita il detto dello Spinello: e che nell’altro, la testimonianza di questi sarebbe stata più contraria che favorevole alla sua parte1.

Bisognerebbe dunque concedere che il Costanzo avesse durata quella fatica senza motivo nissuno, la qua! cosa è logicamente inammissibile, per non dire impossibile. Anzi, non avendosi indizio che nissun cinquecentista si valesse mai dei Diurnali, per alcuna di quelle cose che sogliono determinare le azioni umane, bisognerà pur dire che manca la ragione sufficiente per crederli opera, non solo del Costanzo, ma di un falsario qualsiasi. La storia letteraria ci mostra in verità, che degli impostori ne furono in ogni tempo; ma ci insegna anche la ragione che li trasse a batter falsa moneta nel mondo de’ libri. Ora, e più spesso, fu per ragioni di guadagno e di premio, lusingando, ingannandola, la boria di potenti e di ricchi; ora per interesse di clientela e di famiglia: ora per sostenere assunti letterari e politici, cui le genuine testimonianze facessero difetto; ora per qualche manìa di contradizione e di polemica; ora anche, ne’ casi più innocenti, per burlarsi di alcuno. Ma uomini così oziosi e sciocchi, che falsificassero un libro senza una ragione al mondo, per non farne uso nissuno, ma solo per lo sterile capriccio d’ingannare i futuri, la storia non ne ricorda e non può congetturarsi che ve ne siano stati mai. Il ragionamento, o, per meglio dire, la supposizione del Bernhardi pecca poi da un altro lato; in quello cioè di attribuire al falsificatore tanta e così raffinata malizia, e una cautela così ingegnosa nell’esecuzione dell’opera. I tempi in cui pensa egli che sbucassero fuora le effemeridi dello Spinello, non erano sì sospettosi che convenisse usare siffatta scaltrezza,- nè i napoletani mostravano tanta inclinazione alla critica storica, che non si potesse fare un po’ più a fidanza con loro. Anche uel secolo susseguente, quando i modi di confronto ed il numero degli studiosi era tanto maggiore, i genealogisti napoletani ed altri scrittori di storie non ebbero tanti scrupoli. Allora appunto lo Stocchi potè ingannar tutti con quella sua gigantesca falsificazione del beato Cala, e ci volle la rivelazione fatta nel confessionario

  1. M. R., pag. 35 e 172.