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| 496 | concetto storico, civile e morale |
mum prece numen adora, Iunoni cane vota libent[1]. A questo consuona il placabilis ara Dianae[2], che rammenta il propitiabile della Volgata, e quel dell’inno: Noi l’imploriam. Placabile Spirto discendi ancora, A’ tuoi cultor' propizio, Propizio a chi l’ignora[3]. Consuona eziandio il consiglio della madre faciles venerare Napeas, Namque dabunt veniam votis irasque remittent[4]. E con materna provvidenza giunge: Sed modus orandi qui sit, prius ordine reddam: che fa sentire con più gratitudine la cura che nel Sermone del Monte prende l’Amico nostro dell’insegnarci a pregare.
Santo è altra parola che il Cristianesimo si è appropriata, e al solito, sublimando, purificata. E quanto ci corra dal Lucreziano corpore sancto[5] di Citerèa al virgiliano Sancta ad vos anima, atque istius inscia culpae Descendam[6], lo sentono e professori e scolari che abbiano anima non triviale. Quest’addio di Turno alla vita è più degna cosa che il verso ripetuto di lui medesimo e della vergine intemerata, Vitaque cum gemitu fugit indignata sub umbras[7]. Questo mi rammenta l’addio d’un’altra infelice alla vita: Et nunc magna mei sub terras ibit imago[8]. Qui l’anima sciolta dal corpo non appare che come fantasma; ma, d’Anchise parlando, distinnuesi animaeque umbraeque paternae[9] (9); e il plurale, come nel nome di Manes, pare che accenni le umane potenze nello spirito unificate. In altro rispetto, della moglie che, fatta deità, gli apparisce: Infelix simulacrum atque ipsius umbra Creusae Visa mihi ante oculus, et nota maior imago[10] (10). Immagini che rasentano e simboleggiano il vero: ma in tutte Virgilio si tiene più alto del Lirico epicureo: Scit Genius, natale comes qui temperai astrum, Naturae deus