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lo faceva spontaneamente; allo stesso modo, che chi ha fame non ha bisogno ordinariamente, che sia costretto a mangiare dal comando di nessuno. Se non che, al tempo di Innocenzo III, il sentimento religioso si era in molti così affievolito, che si giudicò necessario di eccitarli, con una prescrizione espressa, a fare quello che altrimenti, con loro grave danno, non avrebbero fatto. Precisamente come il medico ordina di mangiare, se vede che ne ha bisogno, ad uno che, non appetendo per malattia sofferta il cibo, con suo svantaggio se ne asterrebbe.

La confessione è stata ordinata da Innocenzo III? Ma se si possono citare in contrario, per tutti i secoli anteriori a questo papa, da riempirne dei volumi, delle testimonianze e dei fatti di ogni genere? 1.

Conchiuderò con una osservazione. I famosi quattro libri delle sentenze scritti da Pietro Lombardo (morto arcivescovo di Parigi nel 1164) molti anni prima del pontificato di Innocenzo III, erano il testo che serviva di base all’insegnamento nelle scuole teologiche di quel tempo e dei successivi: rappresentano quindi le dottrine, che erano allora universalmente seguite. Ora che cosa vi leggiamo relativamente alla confessione? Vi leggiamo non solo quello, che mostrano di averne creduto i padri del concilio lateranese IV; non solo quello che voi dite essere solo venuto in mente ad Eugenio IV nel concilio di Firenze del 1439; ma perfino quello, che, secondo voi, è stata una idea dei padri del concilio di Trento. Non lo credete? Bene; aprite l’opera, che vi ho nominato, al libro IV, Distinzione II, dove tra i sacramenti è annoverata la penitenza; poi alla Dist. XVI parte I, dove è detto che la penitenza abbraccia «la compunzione del cuore, la confessione della bocca, e la soddisfazione dell’opera;» poi

  1. Vedi p. e. Mazzarelli op. Firenze 1822, tom. IV, Iosi, Trattato sulla perpetuità della fede e della pratica della confessione sacram. nella chiesa catt., Milano 1854, ecc.