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LXXXI

AL CARDINAL CARACCIOLO

Gli si raccomanda per fargli ottenere gli arretrati della pensione di 200 scudi, concessagli sei mesi innanzi da Carlo V. Le molestie, signore, che gran tempo mi hanno dato gli stimoli de l’affezzione, che per grazia de le vostre magnanime condizioni vi porlo, sono state tali, qual debbono essere in un par mio, pronto in reverire un dignissimo signore come sete voi. Voleva l’affezzionc, che vi porto, che io vi offerissi la mia servitú; e non l’ho fatto, perché mi pareva pur troppa presunzione lo scrivere a un si fatto prelato, la lampa del cui merito alluma tanto il grado dei cardini de la Chiesa, quanto l’acieca chi è disornato de le vertú che vi adornano religiosissimamente. Ma dove ha mancato la mano, ha supplito la lingua, la quale, accortasi che l’orecchie mie erano piene de le lodi vostre, ne ha predicato sempre; e cosi mi sono stato aspettando l’occasione da potermivi far grato senza temeritá. O mirabile imperatore, la cortesia de la tua bontá è incomprensibile, poiché non pur consoli quegli che le forze e le persone e l’avere spendono in tuo servigio, ma coloro che ti tengono buona voluntade ancora. Io vi dico che la cesarea potestá, per propria liberalitade, mi ha donato in cotesto suo Stato ducento scudi de pensione, mentre a Dio piacerá ch’io viva; e, per fede e credenza di ciò, vi si manda per via di don Lopcs, suo imbasciadore, il largo previlegio, di cui sei mesi sono mi arriccili l’cssccutorc de le faccende che si denno far per Cristo. Or io chieggio a la benignitá vostra gli avanzi del tempo trascorso. E in ottener tal cosa non usarò vanitá di parole, ché offenderei quella discreta gentilezza, che, voi nascendo, con voi nacque. E cosi la servitú mia si offerisce ai servigi di Vostra reverendissima Signoria con ogni suo potere.

Di Venezia, il 4 di decembre 1536.