Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/113

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bene concessomi da Cesare, ve ne rendo cordialissime grazie, e spero far si, col favor di Dio, che vi congratularete ancora con Sua Maestá de la gratitudine che per ciò le renderá la vertú mia. Onde vi prego che il tempo, che io avanzo, non mi si tolga; che cento scudi, che lo imperador mi ha fatto la data sei mesi inanzi, non rilevano e un vertuoso fanno cadere. Se Vostra Signoria illustrissima sapesse quante lingue hanno lodato, non il presente, non aspettato né sperato, ma i sei mesi sudetti, con iscorno de la catena, che, poiché me l’ebbe fatta bandir tre anni, mi donò il re di Francia! Orsú, io consento che l’altrui assegnazioni comincino il di che si presentano i privilegi: ho io a esser posto in dozzina con le turbe? Deh ! monsignore, accompagnate l’atto uscito dal motuproprio de l’augusta liberalitá con il far che si adimpisca la parola sua, la qual dice «da qui inanzi» e non «da che si presenta». Ma, se io credessi che alcun credesse che la instanzia, che io faccio per aver cotali denari, fusse per miseria de la mia natura, lo farei capace che la giusta richiesta fará piú prò a l’onore di chi m’ha fatto grazia de la pensione, che a la necessitá dove mi terrá sempre il mio esser nato in uno spedale con animo di re (*). E, per dirvi, don Lope, uomo che merita che gli uomini il chiamino «divino», mi ha pagato il quartiron di suo, come non bastassero i piaceri da lui fattimi per lo adietro.

Di Venezia, il 7 di genaio 1537.

LXXXVIII

AL CONTE MASSIMIANO STAMPA

lx> esorta a recarsi alla corte di Carlo V, e a non dolersi se questi gli abbia tolto il comando del castello di Milano, che lo Stampa, il quale lo teneva in consegna dal defunto Francesco II Sforza, aveva ceduto all’imperatore. lo mi son piú rallegrato di quel poco di grazia, che ha la mia divozione acquistata con l’imperadore, per potergli predicar ( 1 ) Cosi M*. — jj/t; «esser nato mendico con animo reale».