Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/142

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CXI

AL DUCA D

’URBINO Raccomanda Leone d’Arezzo, che desidera essere impiegato nella zecca di Urbino. È atto degno di chi lo fa, degnissimo principe, il sapere osservare il grado del suo grado fin nei cenni, e merita piú di servire che di comandare chi non ispecchia il volto del suo onore molte volte il giorno, e ciò usa il sano e naturai giudizio. E perciò Vostra Eccellenza, aprovata da l’opra e da la fama per uomo degnissimo di memoria, consulti un poco col suo consiglio; e poi, per degnitá del proprio merto e per compiacere al mondo, che lo reverisce, non comporti che la sua effigie e le sue zecche sieno lacerate da l’altrui grossezza. Quello, che vi porta questa, chiede a la bontá, che vi fa splendere, il pane, il qual non mangiarla, noi guadagnando. La natura si è affaticata mille anni a fare un tanto nobile ingegno per gloria di voi principi; si che, signore, aiutate costui, che verrá tuttodí facendo miracoli con la sua arte, e al presente vi fará le stampe de le monete e i conii de le medaglie, e ogni onesto intertenimento lo stabilisce ai vostri servigi. Ma son certo che la benignitá di Vostra Eccellenza non sopportará ch’io, che ebbi sempre in somma riverenza il nome di Quella, suplichi per un si gran vertuoso indarno: onde la ringrazio de la grazia, che son certo avere ottenuto da lei.

Di Venezia, il 5 di aprile 1537.

CXII

AL CONTE MANFREDO DI COLLALTO

Gli rimprovera scherzosamente di avergli promesso un capretto e di non averglielo mandato. Il promettermi il capretto, compar mio, fu atto signorile, e 11 non me l’avere osservato è costume pretesco. Ora eleggetevi, per essere stato prete ed esser signore, il titolo ch’io debbo