Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/161

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Guidotti, de la casa del quale fanno i poeti come d’una chiesa i falliti. Direte al mio compare Girolamo da Travigi dipintore e a Giovanni scultore ch’io son suo tutto. Oltra questo, vi prego, se appresso di voi possono i miei prieghi come appresso di me possono i vostri comandamenti, che al signor Mario Bandini, eleganza de la cortesia e de la gentilezza, mi offeriate.

Di Venezia, il 15 di maggio 1537.

CXXVIII

A MESSER AGOSTINO RICCHI

Con la penna ha cavato ai principi 10000 scudi in dieci anni. Notizie di Ambrogio degli Eusebi. Io ho caro, dottissimo figliuolo, che i tristi mi biasimino, perché, se mi lodassero, parebbe ch’io fussi simile a loro. E gli invidiosi, con l’oflendermi la vertú, credono attristarmi, e mi rallegrano, perché io comincio a diventar glorioso, poich’ io sono invidiato. Prego bene Iddio che chi mi invidia abbia gli occhi in tutti quei luoghi da cui pervien la mia felicitá, accioché ne scoppi per mille vie. I ribaldi mi tengono maligno, perché io non sono adulatore, e mi dicono povero per ingiuriarmi, e mi onorano, perché chi è povero è buono. Io sol vorrei tanto che mi bastasse a non esser odiato, e non si poco che movessi altri ad avermi compassione; e l’averò a ogni modo. E ciò mi promette la mia speranza, la quale è giusta, per venir da qualche merito. Ma, se la maggior facultá che sia al mondo è il donare agli amici, chi ha piú avere di me, che gli ho donato ogni cosa per farmi contrario ai principi, i quali sono avari de l’oro e liberali de la gloria? Io, a onta di coloro che dicono che ho niente, ho speso dieciinillia scudi dal 1527 a questo giorno, senza i drappi d’oro e di seta consumati nel mio dosso e negli altrui; e una penna e un foglio gli ha tratti del core a l’avarizia. Benché io son re, poiché io signoreggio me stesso. Insomma dicamisi quel che altri vóle, ch’io so di vincer la