Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/182

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e desidera. Ma, se egli, che, per non digenerare da la natura francesca, non si ricorda degli amici se non ai bisogni, è bramato e desiderato da ciascuno, che saria, ricordandosene in ogni tempo? Insomma, ne l’inchinarmi a la illustrissima Eccellenza Vostra, le ricordo che Dario soleva dire che vorrebbe piú tosto Zopiro per avocato che posseder mille Babilonie.

Di Venezia, il 8 di giugno 1537.

CXLVI

AL CONTE MASSIMIANO STAMPA

Gli dá il benvenuto pel suo ritorno di Spagna. Il ritorno, che la Signoria Vostra ha fatto di Spagna, nt’ha renduto l’allegrezza che mi tolse la sua partita d’Italia. E il giudizio, ch’io feci de la dimostrazione che ha fatto con Quella la sacra Maestá di Cesare, si congratula con la speranza, ch’io tanti anni sono posi in lei. E l’ottenere voi da lui le cose, che la fama raconta che avete ottenute, si confá a la grandezza di Carlo e a la fede di Massimiano. Onde potete chiamarvi felice^ e beato: felice, per la prosperitá ne la qual vi mantiene la fortuna; beato, perché ognuno vi giudica degno di felicitá. E ciò nasce dal ben vivere e da l’ottimo operare che tuttavia faceste, curandovi sempre di Cristo. Ora io vi visito con la lettra che vi mando, salutandovi con le parole ch’io ci scrivo, poiché la sorte non vòle che con la persona e con la viva voce visiti e saluti colui al qual tanto debbo. E, visitandovi e salutandovi, porgo a Dio voti per la sua perpetua sanitá e contentezza.

Di Venezia, il io di giugno 1537.