Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/185

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ne séguita le maladizioni e i gastighi de la giustizia e di Dio. Ma la femina è la sede ove si adagiano gli anni canuti di chi la creò; né passa mai ora che i suoi genitori non godino de l’amorevolezza sua, la quale è una sollecita cura e una frequente sollecitudine inverso l’uso dei lor bisogni. Onde io non viddi si tosto il mio seme con la mia simiglianza, che, sgombrato dal core il dispiacere che altri si piglia per ciò, fui vinto talmente da la tenerezza de la natura, che in quel punto sentii tutte le dolcezze del sangue. E il dubitare che ella morisse senza asaggiare dei giorni de la vita fu cagione che le feci dare il battesimo in casa: per la qual cosa un gentiluomo, in cambio vostro, la tenne secondo il costume cristiano. Ma io non ve ne ho fatto piú tosto motto, perché d’ora in ora abbiam creduto che ella se ne volasse al paradiso. Ma Cristo me l’ha riserbata per trastullo de l’ultima vecchiezza e per testimonio de l’essere, che altri a me e io a lei ho dato: onde lo ringrazio, pregandolo che mi conceda il vivere fino al celebrar de le nozze sue. In questo mezzo bisognaré ch’io diventi il suo giuoco, perché noi siamo i buffoni dei nostri figliuoli. La lor semplicitá tuttavia ci calpesta, tira la barba, ci percuote il volto, ci sveglie i capegli; talché ci vendono i basci, con cui gli suggiamo, e gli abbracciamenti, con che gli leghiamo, per cotale moneta. Ma non è diletto che aguagliasse un tanto piacere, se la paura dei sinistri loro non ci tenesse ognora gli animi inquieti. Ogni lagrimuccia che essi versano, ogni voce, ogni sospiro che gli esce di bocca o del petto, ci scuotcno l’anima. Non cade fronda né si aggira pelo per l’aria, che non ci paia piombo che gli caschi sopra il capo uccidendogli ; né mai la natura gli rompe il sonno o gli sazia il gusto, che non temiamo de la lor salute. Si che il dolce 6 straniamente mescolato con l’amaro; e quanto piú vaghi sono, piú acuta è la gelosia del perdergli. Iddio mi guardi la mia figliuola; ché certo, sendo ella di una indole graziosissima, mancarei, s’ella patisse, non pur morisse. Adria è il suo nome, ché ben doveva cosi nominarla, poiché in grembo de le sue onde per volontá divina è nata. E me ne glorio, perché questo sito è il giardino de la natura: onde io, che ci vivo,