Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/217

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core, e la vertú de la poesia, rara in voi, mi move a lodarvi e a esortarvi a continuare cotale studio, perché l’afatigarsi è ufficio di colui che con gloria ha cominciato a salire i gradi de la lode. Si che fuggite la tarditá de la pigrizia, che se ben partorisce un subito diletto, il suo fine è la tristizia del pentimento E sappiate che la natura senza la esercitazione è un seme chiuso nel cartoccio, e l’arte senza lei è niente. Siate adunque assiduo nel comporre, se volete esser ottimo poeta, e sopra tutto rubate i bei tratti e gli acuti spirti al vostro ingegno, ché certo è pazzo chi crede farsi nome con le fatiche d’altri. Sforzativi di trare i concetti dai pensieri che vi nascono ne la memoria, mentre vi levate in alto col furor d’Apollo. E, cosi faccendo il giudizio vostro si sodisfará ne l’opre istesse, onde sarete battezzato figliuolo de le muse e non creato dei rubatori. Ora, entrando in altro, dico che il signor Guidobaldo, duca di Camerino, non saria nato di si gran padre, se il conoscimento de l’altrui servitú e vertú non gli stesse ne l’animo come gli sto io e Lione: io, per il desiderio che d’ubbidirlo ebbi sempre; egli, per isculpirlo in medaglia vivo e per esser cosa mia. Onde prego Iddio che tale sia la gratitudine nostra nei suoi onori, quale è la bontá di Sua Eccellenza nei nostri utili. E, quando altro non si possa, ecco che insieme gli sacriamo la bontá de l’intenzione, supplicando la gentil vostra creanza che ci mantenga ne la onorata grazia di quella, confortandovi a riguardar la persona dagli accidenti dei disordini, dilettevoli cibi de la gioventú. A Dio.

Di Venezia, il 6 di agosto 1537.