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CLXXVI

A I

.A MAGNANIMA ISABELLA IMPERATRICE Ringrazia del dono della collana datagli in sèguito alle Stanze per la Serena. Benché a la Maestá Vostra, per esser voi tanto ancilla di Cristo quanto moglie di Cesare, non bisognino laude, avendo io ricevuto il suo dono per le man del perfetto don Lope, per non mi publicar per ingrato, dico che egli è peccato a non credere ed errore a non dire che voi non siate stata concetta inanzi ai secoli e riserbata ne la mente di Dio, fino che la sua volontá vi congiungesse con Augusto, perché non era lecito dare a lui, che è uomo immortale, donna che sopraumana non fussc. E perciò séte piú eccellente di vertú, piú degna di gloria, piú pura di mente, piú tenera di core e piú casta di corpo d’ogni altra, di qualunche etá si sia. E cosi, ornata di leggiadria e di bellezza, con la semplicitá de la fronte rasserenate gli animi ranuvolati ne l’afflizzioni. Quella tranquillitá, che acqueta le tempeste dei cori, vi gioisce fra le ciglia, le quali ha miniate l’onestá con lo stile de la gravitade. I vostri occhi, girati da vergognosi movimenti, consolano l’anima di chi gli mira, e ne la lor dolcezza, piena d’amore e di grazia, si recrcano le viste, quasi mirassero il verde degli smeraldi. Le vostre guance son fiorite da le speranze nostre. Con il guardo alettate i buoni e col cenno ammonite i rei. Negli atti vostri si imparano i costumi santi e nel vostro sembiante si discerne la vera beatitudine. La caritá vi apre le mani e la misericordia vi move i piedi. La constanzia, l’umiltade e la concordia vi sono compagne e ministre. Ne lo andare e ne lo stare sempre scoprite il favor del cielo. La fede e la religione vi mostrano a dito al vostro proprio senno e al vostro istesso valore. E, per piú pompa de le vertú che vi fregiano, non vincete meno con la cortesia che si vinca l’imperador con l’armi. Onde il mondo