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acennate, ché tosto vi si mandará. Non altro. Ramentativi di raccomandarmi a le orazioni dei continui uffici vostri.

Di Venezia, il 6 di settembre 1537.

CLXXXV

A LA SIGNORA MARIA DEI MEDICI

Gode dei prosperi successi di Cosimo dei Medici. Io mi credeva, signora, che vi bastasse ornarvi de le vertú del vostro marito, le quali son di piú splendore e di piú pregio che l’oro, senza volerci agiugnere e quelle di che rilucete, come si vede, e la fortuna de l’eccellentissimo fígliuol vostro. Ma che non possono i cieli? che non meritano i buoni? Ecco Leone, cominciando a temere la giovane milizia del signor Giovanni, cerca d’opprimerlo. Ecco Clemente, che fa ogni opera perché le sue opere non l’essaltino. Ecco Alessandro, che, morto lui, pon mente al gran Cosimo, ed, ereditando il sospetto de* due papi zii suoi, fin col far disonesto torto a l’onesto dritto de la ragion sua, lo ritrae dal pensare a la destinata grandezza. Ma Iddio, che non repugna a ciò che vói che sia, l’ha fatto porre dal fato nel seggio che fu suo il di che nacque; talché egli stabilirá la pace e l’union di ciascuno, regnando in giustizia e in continenza. E il glorioso principio, il qual gli ha mostro Cristo, è il testimonio del favore che gli fanno le stelle. Ed è chiaro che, se la sorte vi avesse detto: — Che vorreste voi? — il desiderio vostro saria stato in forse, per non parer temerario di chiedere la metá di quanto v’ ha posto in mano il successo de la impresa, guidata da si savi uomini tanto pazzamente, che la scusa non ha lingua da difenderla. E cosi va quando i pianeti vogliono che ella cosi vada, e i disegni nostri non si coloriscon mai, se il lor consenso noi permette: vane si rimangono le fatiche e indarno edificano i pensieri, come Domcnedio non ci guarda. Noi gettiam via il tempo dietro al tempo, e i danari dietro ai danari, e la fama dietro a la fama, purché gli