Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/248

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tratta pur troppo bene a non ci fare infelici, come si porta ella con voi, che avete giá posto il piede in su la scala de la beatitudine? È gran cosa che il dire e clic il fare vostro sia l’anima di quel che si può dire e di quanto si può fare. Ed è da stupire a imaginarsi come sia possibile che pensiate e antivediate con la fermezza del giudicio ciò che non si pensa e ciò che non si vede, conchiudendo i principi di tutte le paci e i fini di tutte le guerre, come se tutte le paci e tutte le guerre consultassero la lor quiete e la lor fatica con il mirabile vostro ingegno, la prudenzia del quale vi siede nel tribunal de la memoria, quasi rettore de le vertú, che ivi si stanno in forma di republica. Talché non pur quegli che vi militano apresso, instrutti da l’ombra loro, sanno essere audaci inverso i nimici, benivoli coi soldati e savi ne l’opportunitá; ma coloro che vi senton parlare son dotti in ciò: onde noi siamo superbi de la vittoria inanzi che vi moviate a disfare la monstruosa machina de lo aversario de la certa veritá de le leggi di Cristo, i privilegi de le quali averanno anco, mercé de la Vostra Eccellenza, intera autoritade per tutto l’Oriente.

Di Venezia, il 18 di settembre 1537.

CXCVIII

A MADONNA ISABELLA MARCOLINA

Donna non avara non può essere impudica. Io, comare, ho piú caro che abbiate donato la turchese chiusa in oro, perché la fanciulla, che se ne orna il dito, la tenga per memoria de la cortesia vostra, che se voi la aveste sempre tenuta per ricordanza de la mia. Benché non bisognava con si nobile atto certificarmi del parentado che ha la generositá con il vostro animo, perché in maggior cose l’ho io pur troppo visto; onde può ben vantarsi de la liberalitá di cotal vostra natura messer Francesco, che vi è marito, perché ella fa fede de la castitá