Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/250

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fine le volontá, diciamo, di Dio, poiché per interesse de la sua fede si move l’incredibile religione de la bontá veneziana, la quale ha entrodotta in campo la potenza del volere e non la scusa del non potere. Non è dubbio che, se niuna cagione potesse esser giusta in non aiutare la credenza nostra, la loro sarebbe giustissima, perché ben si sa il commerzio antico di Venezia e di Constantinopoli. Ma dove non è Cristo, non sono i lor cori. Perciò rallegrisi il grande imperadore di si fatti amici; e, seguitando gli ordini de l’armi che fra loro ha composti la cristiana intenzione, l’aquila e il leone batteran tosto l’ali per l’aere di tutto l’Oriente, con suprema contentezza di voi, che inducete stupore in ciascuno che considera con che atta maniera, servendo Sua Maestá, sodisfacciate ai voleri di cotal serenissima republica. Oltra di questo, come può essere che, nel colmo di tante occorrenze, vi ricordiate tanto dei bisogni dei vcrtuosi quanto dei servigi cesarei? Ècci persona che non si possa vantare di aversi compiaciuto ne le grazie fattegli da la cortesia de la vostra natura? E fra tutti gli altri consolati da lei, io sono un di quegli, che con la lingua e con la penna dirò sempre che da la Vostra Signoria, a la cui gentilezza bascio le mani, deriva il grado nel qual, lodandone Iddio, mi trovo.

Di Venezia, il 19 di settembre 1537.

CC

AL MARCHESE DEL VASTO

Sul medesimo argomento. Ne la maggior necessitá, signor, che mai la cristianitade avesse, ne l’estrema importanzia de la religion di Cristo, ne la piú degna occasion d’onore, Vostra Eccellenza, che pur disnidará i galli d’Italia, fa un’opra di si fatta sorte e tanto a proposito del comun bene, che l’Invidia, che non vuol che niun meriti laude, riprende la Fama, perché ella non va gridando per