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ma, se l’avesse fatto, dove domine farebber alto cotante sètte di chimerizzanti? Certo che Troia ha perduta la reputazione bene merita, poiché Marte ci spedisce il legname dei carri di tutti i suoi trionfi, essercitando ogni voce atta a gridar: — Vittoria! vittoria! — Si che lasciatici andar chi vòle, ché il riuscirne calzato e vestito sará ventura e non senno, come è stato senno e non ventura il vostro avervi saputo procacciare il favore fermo e sincero del chiaro signor Valerio Orsino, a la illustre cortesia del quale sono obligato anch’io.
Di Venezia, il 17 di novembre 1537.
CCXXXVIII
AL MAGNIFICO MESSER DOMENICO VENI ERO
Lodi. Egli è molto da lodare il sonetto che mandaste a Io illustre messer Francesco Donato. Io son rimasto muto, udendo come i vivi spirti di cotali versi intuonin gli onori di cotanto uomo. Certamente, lo stil vostro è uno stormento, che, tócco, ci fa sentire la dolcezza d’una nuova armonia; onde i fiori del vostro aprile maturaranno nel suo autunno i piú soavi frutti che si gustasser mai. Si che riposativi in su le fatiche degli studi, poiché la natura consente che l’ingegno, che ella vi diede, ci faccia cosi larghe e sicure promesse.
Di Venezia, il 18 di novembre 1537.
CCXXXIX
A MESSER IACOPO SANSOVINO
Lo dissuade dall’abbandonare Venezia per Roma, «passa a rassegna, con entusiastiche lodi, le varie opere dell’amico. Ora si che l’essecuzione de l’opre uscite da l’altezza del vostro ingegno dan compimento a la pompa de la cittade, che noi, mercé de le sue bontá libere, ci aviamo eletta per patria;