Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/343

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vecchi de l’asino loro. Basta mò: io so quel ch’egli dice de la vostra spelata, «quoniam frigent in veste camoenae *, a la cui scomunicata memoria bascia la mano questo sonettino.

Di Venezia, il 5 di decerabre 1537. Intemerato e strenuo Iuleo, titubante e tonante ser pre’ Biagio, menisi Apollo a sua posta il caragio, e a cocer le castagne impari Orfeo; ch’altro è che udir biscantare il Tedeo , quando sguaini i versi adagio adagio, onde il Petrarca corre a far suo agio e coi suoi si forbisce il culiseo. L’asino secol nostro deveria scolpirti in legno d’india e in caviaro a laude e gloria de la poesia; e, se ’l marmo non fusse tanto caro, con una profumata diceria sacrarti il tempio come al Uerburn caro. cclxxvh AL CAPITAN NICOLÒ DA PIOMBINO Gode che egli sia sfuggito alla pena capitale, e procura di scusare Cosimo dei Medici, che aveva sospettato di lui. La vita, fratello, è sempre in grande stima apresso di noi ; ma alora tocca il sommo del pregio, quando si trae di mano a la morte per miracolo d’iddio, come l’avete tratta voi; del che mi rallegro, non altrimenti ch’io me ne attristassi, sentendo in che orribil maniera l’avevate perduta. Bisogna avere per iscusata la gelosia che s’ha de le signorie, perché ella è d’altro martello che quella d’amore: pertutto ci sono de le donne, non giá de le Fiorenze. Il sospetto nacque dagli stati, i quali hanno per natura di temere de la sicurezza: or pensisi ciò che fanno, mentre gli indizi si gli aggirano inanzi agli occhi. Io vi