Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/359

Da Wikisource.

di me stesso, mi consolo sentendo che siate tale, che doveria far Benevento, patria a voi due, essendo alluminata da cosi fatti splendori?

Di Venezia, il 9 di decemhre 1537.

CCLXXXV

A LA DUCHESSA D URBINO

Invia un sonetto composto durante una sua grave malattia. A voi, signora, che séte donna d’iddio, mando un sonetto, per i cui preghi Cristo, non negandomi la pietá sua, mi trasse non del letto dove giaceva infermo, ma de la sepoltura ne la quale viveva morto. Ma che non impetra da lui un core pieno di fede, che, tutto fervido e tutto sincero, se gli rivolge con la speranza? Io annoverava I’ultime ore dei miei giorni, quando, formando col pensier de l’anima i sotto scritti versi, sentii romper da le voci de l’orazion loro la prigione che mi rinchiudeva la sanitá de le membra sotto le chiavi del male; onde riebbi la salute del corpo e la grazia del mondo. Io, cambiando stato, ridussi tutta la vertú, ch’egli mi diede, ne la buona volontá de la mente, rendendogli, sopra ogni altro dono, continue grazie de la grazia che si degna ch’io abbia con loro esso Francesco Maria e Lionora. Io so che non si poteva donarvi gioia che vi agradasse quanto il voto, col qual mossi la bontá di Giesú a consolarmi. Si che degnatici un poco gli occhi, poiché pur séte, negli usati panni e ne la solita degnitá, un ermo di penitenza e una cella di disciplina. Voi sola sapete disprezzar le pompe mondane, mentre vestite le delizie del mondo. L’animo e non l’abito serve a Dio. L’opere, non l’apparenze compiacciono ai suoi desidèri. Il palazzo è la tomba di chi ha candida l’intenzione. Ben han saputo andarsene al paradiso pontefici, imperatori e re coi regni e con le corone in testa. La cosa -si sta drento e non di fuora. Perciò perseveri Vostra Signoria illustrissima nei suoi costumi.

Di Venezia, il 9 di decembre 1537.