Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/377

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pur lasciato bambino, mosse me nel dirmisi la venuta di Sua Magnificenzia, la qual si metteva fra le memorie dei morti. Or ringraziate Iddio insieme: l’uno il faccia per riavere il suo valoroso genitore, l’altro per rivedere il suo vertuoso figliuolo. Io vo’ farlo piagnere tosto che gli raconto di die speranza sicno le vivezze nobili del vostro eccellente ingegno. Intanto, salutatemi lui c messer Francesco Franceschi, mio compare.

Di Venezia, il 17 di decembre 1537.

CCCII

AL FAUSTO LONG IA NO

Ingegno ci vuole, piú che dottrina: esempi. Lodi del duca d’Urbino e di Fausto da Longiano Al diavolo l’imitazione! Accenni satirici agli imitatori del Berni. Brevitá delle proprie lettere. Disegno di ridurre la commedia a un solo personaggio. lo ho compreso, fratello, ne la carta che mi mandate, quel clic sia giudizio e ciò ch’io m’abbia saputo fare ne l’opre ch’io ho fatte. Ma come è possibile che il vostro intelletto, che ricerca si minutamente i luoghi de l’altrui fatiche, sappia e vegga tanto? Io non so quale autore antico o moderno non andasse al cielo per l’alterezza o ne l’abisso per la vergogna, udendo lodarsi o biasimarsi dagli accorgimenti del vostro vedere ciò che non veggono gli occhi acuti de la scienza. Niuna cosa, al parer mio, è di piú stima ne l’uomo del giudizio; e il litterato, che n’è privo, può simigliarsi a uno armario pien di libri, perché egli è figliuolo de la natura e padre de l’arte. E non per suo difetto, ma per prosunzion d’altri, usa ingannar coloro che piú si fidano di lui, e bene spesso siamo vituperati da le scntenzie che danno a l’opre nostre le sue ostinazioni. Beato colui che consulta i meriti di ciò che scrive col parer saputo de l’amico! Ma io mi rido dei. pedanti, i quali si credono che la dottrina consista ne la lingua greca e latina, affermando che chi non l’intende non può sapere aprirci bocca, dando tutta la riputazione