Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/395

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sei cortese, come ponno giurare quegli che si arrischiano a toglierti qualunque cosa tu ti tenga fra J’unghie. Tu sei si lusurioso, che ti corrompi fin con te stesso; ed essi usano senza punto di vergogna con le loro medesime carni. La tua presunzione avanza quella degli sfacciati; e la loro quella degli afTamati. Tu sci sempre pieno di lordezza; ed essi sempre carelli di unguenti. il tuo volubile aggirare non trova mai luogo, e il loro cervello è stabile come un torno. I tuoi scherzi sono il giuoco del popolo; e le lor materie il riso del mondo. Tu sei fastidioso; ed essi importuni. Tu temi ognuno e fai temer ciascuno; ed essi a tutú fanno paura e di tutti hanno paura. I tuoi vizi sono incomperabili; e i loro inestimabili. Tu fai strano viso a ciascuno che non ti porta il cibo; ed essi non mirano con dritto occhio se non gli apportatori dei loro piaceri. Essi non danno cura a vituperio che si gli dica; né tu a villania che te si faccia. Né mi lascio perciò uscir di mente che, si come i gran maestri hanno cera di scinde, cosi le scinde hanno céra di gran maestri. Ma, per tornare a te, bagattino, dico che, se tu non fussi senza gusto come sono i principi, farei un poco di scusa del licenzioso parlar de l’opra, ch’io mando fuora a l’ombra tua, che gli gioverá come giovano i signori a quelle che tuttodí se gli intitolano indegnamente, con allegare la Priapea di Vergilio e ciò che in materia lasciva scrisse Ovidio, Giovinale e Marziale. Ma, per esser tu dotto come sono essi, non dirò altro, aspettando, in premio del mio farti immortale, un morso dove ti averrá di darmelo, ché anche i cappellacci pagano di cotal moneta gli autori de le laude che si gli attribuiscono, per intendersi de le scienze come te ne intendi tu. Averei detto che hanno l’anima a la similitudine de la tua, se fosse stato onesto a dirlo; ma dico bene che i gran maestri ascondono i difetti loro coi libri che si gli fanno, come ascondi tu le bruttezze tue con la veste ch’io ti ho fatto. Ora, altissimo bagattino (che cosi si dice ai gran satrapi degni di cotal titolo, come tu), piglia le mie carte e squarciale; ché ancora i sopradetti non pure squarciano le cose che si gli indrizzano, ma se ne forbiscono..., poco meno ch’io non te lo dissi, a laude e gloria de le muse, le P. Aretino, Lettere - >. »5