Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/58

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di Cesare. Ma Ella è per acquistar piú vittorie in letto che gli altri combattendo, perché è piú potente e piú feroce la previdenza del duce che la mano e il volto de lo essercito che egli guida. O glorioso uomo, oltra il dono de la tazza d’oro in questa etá di ferro, mi scrivete che io vi tansi in quel ch’io voglio, ché qui mi si pagará in un banco d’anno in anno. Io non taglieggio la cortesia di niuno, e siami la pension, che mi offerite, la grazia vostra; ché, avendola, sono d’ogni disaggio securo. Ma io ti ringrazio, Cristo, d’aver tu sopportato che io sia mendico ne la servitú di due papi, perché cotal loro ingratitudine è il testimonio ch’io son buono. E perciò Vostra Signoria illustrissima non si sdegna dirmi ne la sua lettera che stima piú la mia amicizia che una cittade, e che, finché vi dura la vita, volete che ella duri. Onde io delibero bere al nappo, clic io terrò per ricordanza sua, l’acqua de la oblivione, accioché mi si scordi il nome di ciascuno altro, vantandosi la vertú mia che ne la punta de la spada vostra sieno gli alimenti suoi. Ma, benché ella sia piccola, non è che, dandole voi il pane venti o trenta anni, che Iddio mi conceda vivere, non le basti l’animo spenderne piú di mille in pascervi il nome. Or veggasi con quanta usura si avanza con i vertuosi, non come io sono, ma quale io vorrei essere per compiacere agli onori di quella vostra altezza, che mi solleva da terra ne lo inchinarmele.

Di Venezia, il 6 di giugno 1534.

XLII

AL CARDINAL DI TRENTO

Lo ringrazia del dono di cento ungari e di due medaglie. Un secretano di don Lope Soria, piú degno d’imperare che di servire imperadori, e tanto piú accorto e piú savio d’Ulisse quanto Sua Signoria è ed egli non fu, mi ha portati al letto, dove giaceva amalato, i cento ongari, che per suo mezzo è piaciuto a la vostra cortesia donarmi, con le due medaglie aprcsso.