Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/61

Da Wikisource.

favore. E a punto alora mi furono portati i Salmi da la stampa; onde io, per mostrare che a me non era bisogno di esortazioni in laudare si giustissimo vecchio, dissi al Ricchi che vi mandasse uno di cosi fatti libri. Poi, mosso da non so che, gli commisi che vi pregasse in Alio nome che voi facessi si che da Sua Beatitudine io ottenessi un breve di famigliaritá, replicandogli due volte che vi chiarisse che io non cercava ciò per espedire gratis, né per venire a Roma, né per voler cosa alcuna, ma per avere un mezzo di poterla rallegrare una volta il mese con qualche piacevolezza. E, parendomi aver dimandata grazia che non si doveria negare al piovano Arlotto, lo aspettava. Ora de l’avere messer Agostino, che è andato a Lucca, tranteso overo scritto a suo modo, io non ho colpa niuna. E di cotale errore ho preso piacere e dispiacere. Èmmi piaciuto, perché ne ho ritratta una vostra, la qual tengo piú cara che quelle dei re; e mi è dispiaciuto, perché so che vi ha dato fastidio, non il pensare a la via di acquetare il desiderio che pensavate mio, ma el non averlo fino a qui fatto. E del tutto vi ringrazio col core e con l’anima. E scrivo a la Eccellenza del signor Pier Luigi. E per Dio, che sempre gli fui servitore; e, quando il diavolo mi accecasse a farmi, di libero, servo, piú tosto servirei lui che il padre, perché sono uso in campo, e dai soldati ho avuti onori e denari e dai preti villanie e ruberie. E vorrei piú tosto essere confinato in prigione per dieci anni che stare in palazzo, come ci stette Accursio, Sarapica e Troiano; e vai piú ciocché gli amici mangiano in casa mia che tutto quello che io sperai giá ne la corte, e porto piú indosso che non vede costi un ganimede. E, conchiudendola, rompete ogni pratica che si fusse ordita per rapiccarmi a Roma, ché non starei con san Pietro, nonché col suo successore. Ho ben per grazia di esser posto ne la memoria di un tanto pastore, la cui Beatitudine so che si degnerá leggere due o tre carte de la Vita di Cristo , che tosto uscirá fuora. Ora io vi supplico, caso che vi occorra parlare a la innata bontá e vertú del Molza, a raccomandarmegli.

Di Venezia, il 15 di genaio 1535.