Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/74

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infiammará di quel foco che arse le lingue bipartite degli apostoli e di che si infocò il carro di Elia. Si che, signor mio, a voi, che solo séte di quello animo, di quella bontade, di quel valore e di quel sapere, che deverebbero essere tutti i cardinai de la magion d’Iddio, raccomando il fedelissimo interprete del verbo divino; e non dubito che la veemenzia de la sua dottrina non vi innamori de le accorte e costumate qualitá, di che egli risplende cristianissimamente. E perciò eccolo a Roma, e non lá dove la lettura e la gran provisione offertagli dai tedeschi l’ha invitato un tempo fa. Io mescolarei col desiderio, che io tengo che voi mi aiutate adempiere il voto de l’amico che io riverisco, alcuni di quei preghi che porgono coloro che persuadeno altrui ; ma, oltre che io non uso cotali arti, so certo che con Santacroce, che vive senza arte, non bisognano. Talché la vostra gentilezza, senza altre cerimonie, stabilirá, c per nostro signore e per sé, un servo, rendendo a noi il lume de la sua scienza e a lui la pace, che egli dimanda e che io chieggo a Vostra Signoria reverendissima, ne la cui sinceritá spero con la devozione che mi si richiede.

Di Venezia, il 8 di novembre 1535.

LVII

AL CONTE MASSIMIANO STAMPA

Lo conforta per la morte di Francesco II Sforza. Il duca è morto, e si dee credere che cotal caso se ne abbia portato seco non pur la vostra contentezza, ma parte de l’anima ancora, perché la minor convenienza che aveste insieme era Tesser nutriti di un medesimo latte, per la qual cosá vi congiugnavate quasi in una sola carne, come sempre vi congiugneste in una istessa volontade. Pur dovete di ciò acquetarvi, perché i previlegi umani sono le molestie che per tutte le vie percuoteno chi ci vive, e Iddio il sopporta aceioché noi ci confidiamo solamente in lui. E, quando pensassimo bene a le nostre aversitá.