Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/79

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riverenda che mai, l’universo attenderò a edificargli tempii, a sacrargli statue e a porgergli voti. E, perché l’Altezza Sua non ha mai voluto né potuto né saputo moversi senza la vostra mente, participarete di tutte le celesti prcminenzie che gli daranno queste genti e quelle, collocandolo nel numero degli dèi insieme con la divina Vostra Eccellenza, ne la cui bontá si consolano le speranze di ciascun che merita di sperare in lei. Di Venezia, l’ultimo di novembre 1535.

LX

AL DUCA DI FERRARA

Complimenti. Le speranze, signore, che si pongono nei principi ottimi e degni come séte voi, tengono qualitá con quelle che si hanno in Dio. E perciò io ringrazio me stesso, che, avendo a sperare in uomo, spero in Ferrara. E, senza che il suo imbasciadore venisse da parte sua a farmi capace de la volontá che tenete di trarmi di miseria, io lo sapeva, perché séte buono, e i buoni fanno l’opere ottime, le quali riguarda Cristo piú in un simile a voi che in uno qual sono io. La cagion è che i grandi non soglion vedere piú alto che la lor grandezza, e i piccoli si lasciano adietro tanto de la bassezza loro, che comprendono esser nulla senza l’aiuto di Dio. Ora, lasciando Roma, andatevene a Napoli, ricreando la vista, avilita nel mirar le miserie pontificali, con la contempiízione de l’eccellenze imperiali. E, ciò facendo, considerate come, fra tanti signori e baroni che corteggiano Cesare, non ci è se non uno Ercole Estense. E, considerato che arete la felicitá vostra, rallegrandovi de la bontá, de la vertude e de la gioventú che è in voi, fate che la bellezza de l’animo preceda a tutte le parti onorate, che vi fanno risplendere piú che niuno altro; e, fatto questo, il fuoco de la