Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/91

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mole. Ma quella fuga di cavalli nc la facciata a San Felice è maravigliosa. Veggo la Fede e la Giustizia con le spade ignude in mano, le quali cacciano Barbarossa. Veggo i morti in scorcio sotto i terribili cavalli. Veggo la pittura che disegna l’Asia e la scoltura che abozza l’Africa. Veggo nel basamento il carro pieno di spoglie e di trofei. Veggo sudare quei putti, che portano la barella a usanza degli antichi. Veggo il re di Tunisi ne ristoria che s’incorona. Veggo le vittorie con gli epigrammi graziosissimi, con tutto il bello, eh’è di sopra, di sotto e da canto; e ini par essere un di quegli fermatisi lá col viso in suso, mirando la fabrica miracolosa. Veggo via Maggia, il ponte a Santa Trinitá e la strada del Canto a la Cuculia, tutta piena di turbe arecate in bizarra attitudine. Oltra ciò, vi veggo condurre a perfezzione la nuova fabrica. Veggo il legname, bontá del vostro pennello, non differente da le pietre diverse. Veggo Ercole che amazza l’idra, e so che il vivo non fu si robusto, né si corto di collo, né si pieno di nervi, né si spesso di muscoli come quello che è uscito de le dotte mani del mio Tribolo. Veggo appresso al ponte Santa Trinitá il fiume d’Arno simile al bronzo, e gli veggo piovere dai capegli le istesse acque. Veggo gli altri fiumi, e Bagradas d’Africa, e Ibero d’ispagna. La spoglia del serpe menato e portato a Roma è naturale, e i corni de la copia e le lettre; ma basta che si sappia che sien di man del Tribolo. Voglio che diamo la seconda palma al frate de’ Servi, si per essere stato discepolo del maestro, si per esser proprio dei frati di non saper far altro che scannar minestre. Ora il monte Lupo nel fiume di Germania e di Pannonia non s’è portato se non da valentuomo, e i basamenti de si delicate maniere non mi son nuovi. Duoimi che il raro Tribolo sudetto non ebbe tempo, ché certo avria fatto la forma del cavallo di sorte, che quel di Lionardo a Milano non si mentovava piú. Veggo la Vittoria con la palma in mano e con l’ali di nottole al canto degli Strozzi; e, se non c’ho fatto buono stomaco ne le cose vostre, vomiterei vedendo quel volto di fava menata de la Vittoria col braccio enfiato. E piú vi dico che colui, che l’ha fatta, ne va piú superbo che l’imperatore, a l’onor del quale son sute fatte P. Akhti.no, Lettere - 1. 6