Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/112

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delicatura dei suoi pavimenti. Né so qual principe abbi si ricchi letti, si rari quadri e si reali abigliamenti. De le scolture non parlo, conciosiaché la Grecia terrebbe quasi il pregio de la forma antica, se ella non si avesse lasciato privare de le reliquie de le sue scolture. Per che sappiate: quando io era in corte, stava in Roma e non a Vinezia; ma, ora ch’io son qui, sto in Vinezia e a Roma. Peroché nel partirmi di qui, dove non veggo marmi né bronzi, non son prima costi giunto, che l’animo piglia di quel piacere che sòie un sentire nel giugner a Belvedere in Montecavallo o in qualcuno dei luoghi dove si veggono di si fatti torsi di colossi e di statue. Onde si giudica col testimonio di si degno e reale spettacolo la grandezza del generoso e magnifico animo vostro; imperoché il diletto di simili intagli e di cotali getti non nasce da petto rustico né da core ignobile. Or, per tornare a lo avviso che de le felicitá sue ci dá il compare, dico che me ne rallegro, e, rallegrandomene, pregovi che, ne lo arrivare degli accrescimenti di lui, vi degnate che io venga a intendergli nel vostro palazzo, peroché il sentirlo in si bello aloggiamento mi dupplicará la letizia.

Di Vinezia, il 30 di agosto 1538.

CDXVIII

AL GIRIFALCONE

Ringrazia di essere stato citato da lui nelle sue lezioni, e magnifica l’ingegno e la dottrina di lui. Il piacere da me preso, messer Luigi magnifico, ne l’udire che talora inserite il mio nome abietto ne le vostre lezzioni nobili, non mi fa diventar superbo, conciosiaché io so veramente che ciò causa una certa bontá di virtú, che vi move a farlo per cortesia de la propria natura, e non perch’io meriti tanto. Benché non mi maraviglio che intelletto si alto sia largo dei suoi doni fino a chi non è degno; avenga che la abondanza