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CDXXIV

A BUONGIANNI TADDEI

COMESSARIO D’AREZZO La carica di gonfaloniere di Arezzo spetterebbe per tutte le ragioni a Tarlato Vitali, primogenito della sua famiglia; ma, poiché questi non può esercitarla, si conceda al fratello di lui, Francesco. Io non vi scrivo, signore, le qualitá di messer Tarlato, acciò non paia che io voglia piú tosto lodarlo per si fatte condizioni che difenderlo nei suoi dritti. Altro è, signore, la virtú che ci adorna, e altro la ragion che ci aiuta; e perciò a quella se richiede il rispetto del merito, e a questa il dovere de la equitá. Si che non mi accade raccontarvi il credito che la propria modestia e la naturai sufficienza gli ha saputo procacciare; per la qual cosa non pur la patria gli è obligata, ma chi la predomina ancora, conciosiaché lo splendor dei sudditi accresce il lume de chi comanda. Talché la cittá dove egli è nato e il potere di chi la governa non dénno mancargli de le sue preminenzie. Non è lecito che per qualsivoglia cagione si rompano gli ordini instituiti da le leggi, perché si osservano fino in quelle comunitá, in cui la fortuna lascia a pena l’ombra del magistrato, che si vede in cotesta povera terra. Onde è debito di giustizia che il grado di confaloniero, dovuto a un si grande uomo da bene, se gli dedichi, peroché il suo ritrovarsi in casa Vitali il piú attempato dee precedere a quegli che ne la linea del sangue gli sono inferiori d’etá. Ma, perché i negozi de la mercatura, che l’han qui tenuto giá quindici anni, non gli permettono essercitare cotal dignitade, concedasi a Francesco, fratei di lui, poiché Tessergli secondo nei giorni comporta che simile offizio se gli conferisca. Né si creda che l’ambizione provochi il predetto a volere acquistare e a sé e ai suoi maggior riputazione che se gli