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con vaghissima fantasia. Intanto ringrazio monsignor Bembo del nobile animo che dimostra inverso degli onori e degli utili di me, che gli sono amico verace e servitor fedele. Io gli ho mandato l’opra, la quale avrei voluto potere ascondere, in si fatta paura mi tiene la presenzia del suo grave giudizio, a la cui sentenza mi rimarrò come una fiacola accesa, mentre il sole allumina l’ore, che spaziano tra la nona e il vespro. Or racomandatimi a Sua Signoria, al Martello e al Lenzo.

Di Venezia, il primo di genaio 1538.

CCCXXVIII

A LA MARCHESA DI PESCARA

Ha detto sempre bene di lei. Gode che non sia pinzochera. Non può esser, signora, che non sia stato qualche rubafavori, mendicagrazie e trafugacene quello, che, per tòrmi la servitú che io ho con seco, due ore inanzi che il servidor mio venisse a voi, fece contra di me il pessimo uffizio. Leggete il prologo de la Cortigiana e scorrete la comedia del Marescalco , guardate la pistola dei Salmi e ogni altra mia cosa ; e vedrete s’io ho sempre avuto la vostra laude ne la mia penna. Tutte le persone del mondo sanno come l’Aretino tenne sempre sopra la testa gli onori de la marchesa, e, dove ha mancato la bassezza de lo stile, ha suplito l’altezza de la volontá. E, perché io vi ho tuttavia conosciuta di spirto generoso, di natura magnanima, d’ingegno pellegrino, di virtú sola, di creanza nobile e di vita buona, non mi sarei mai mosso a toccarvi il nome inviolabile, massime essendo quella donna la quale giova a ciascuno. Ché, quando fusse altrimenti, lo confessarci, e, per sapere che stimate piú merito il rimettere il biasimo datovi che non sentite piacere de le glorie attribuitevi, ve ne chiederei perdono. Ma ci saria faccenda, se i principi desser fede a ciò che in disonor loro esce fuor col mio titolo ! Come la viltá