Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/133

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Maria, vita e anima di Vostra Signoria illustrissima, renderá le mie parole vere. Intanto ringrazio con lo intrinsico afletto de la ottima volontá, la quale mi arde lo interno de le viscere con leale amore, la reai dimostrazione inverso di quelle necessitá, che non mi faranno piú temere, poiché in voi ho rassicurate le mie speranze. Ma non lo sa il gran Alfonso in che travaglio il pone spesse volte lo smisurato, il soperchio e il trascurato de lo spender? E se a cotanto personaggio dánno tuttavia che pensare le sue splendide spese, che miracolo se conculcano me, che non ho il valore di niente? Il re, Loreno e il duca Cosimo, con le spettative e con i contanti, oltre la grazia ottenuta da la gloriosa Maria, mi hanno constituita l’allegrezza, che mi aveva rubata il non aver piú con che mostrare la naturale generositá.

Di Venezia, il di de la Nunziata 1539.

CDXXXIV

AL SANTISSIMO SIGNOR NOSTRO

Lodi, congratulazioni per aver dato il cappello al Bembo, e glorificazione deH’Ochino, spinto dal quale egli si è indotto a chieder perdono di ciò che ha scritto contro la corte papale. Ora si, padre santo, che vi si può dare il titolo di beato, da che la beatitudine, ultimo effetto di tutti i beni, risplende in voi per dono di Dio e per abito de le proprie virtú, le quali tenete in continuo essercizio, per sapere che chi le possiede e non l’usa è simile al sapiente che dorme, in cui non appare né opera né scienza. Onde il mondo, bontá dei frutti tuttavia maturati dal volere, da lo eleggere, da lo imperare, dal deliberare e dal presumere de le azzioni vostre, vi giudica ottimo ne le volontá, prudente ne le elezzioni, discreto ne lepotestadi, continente negli arbitri e aventuroso ne le oppenioni. Ma, per conchiudersi la beatitudine con la lunghezza del vivere e non