Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/139

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non vi paino di vostra gravitade, giovaravvi, in cambio di cotali trastulli, il pensare a le qualitá dei propri meriti, ricreando i sensi e gli spiriti con la bontá, che in voi scorgono tutte le genti: per la qual grazia tutti gli uomini vi s’inchinano, vi lodano e vi guardano. Certamente non è letizia che avanzi la gioia di colui, che non solo è conosciuto per buono, ma è approvato per ottimo; onde, vivendo senza inganno, per sapere che amore di giustizia e disiderio di ragione è ispirazion divinarsi move in ciascuna azzione giustamente e ragionevolmente. Adoperi adunque la illustrissima Signoria Vostra, che è pur tale, in luogo degli spassi, i quali ristorono la indisposizione de le membra, l’allegrezza che solete prendere nel ramentarvi de le cortesie, dei favori, dei benefici e de le riputazioni, di che, mercede vostra, godono i viventi.

Di Vinezia, il 29 di maggio 1539.

CDXXXVIII

A DON LUIGI DAVILA

Manifesta il suo immenso dolore per la morte dell’imperatrice Isabella, e lo prega di consegnare a Carlo quinto la lettera cdxxxix. Se le genti de la cristianitá, signor mio, ne lo apparire de la cometa non meno empia che monstruosa avessero compreso il morir d’isabella Augusta, o che rimovevano da la volontá di Dio, in virtú dei prieghi e dei voti, si fiero pronostico, o che si atroce stella, isvergognata da le publiche maledizioni e impaurita da le universali strida, si sarebbe ascosa dentro la invidia de la istessa malvagitá. Adunque il cielo sopporta che nel riso d’ una sua luce iniqua piangono tutti i benigni occhi del mondo? Oimè! che il fine immaturo de la clemenza imperatrice sará continuo verno al verde de le speranze altrui. Ma, se la calamitá nata in altrui, mercé del comun danno, affligge cordialmente coloro che solo per nome conobbero l’eccellenze