Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/14

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liberalitá di Sua Eccellenza, veramente cortese, perché ella non gitta drieto a la viltá del vizio, ma porge dove è il bisogno de la virtú. Dice messer Tiziano a cotal proposito che, poiché egli ritrasse principi, non ebbe mai piú reai premio di quello che gli diede egli de la imagine del padre. Ma qual lode può darsigli maggiore ch’udir vantarsi de le sue mercede ai pari nostri? Certo è ch’io non mandava a posta, se la indegnazion, presa con l’abbaiare altrui, non mi dava di sprone; e ne son superbo, per gloria del duca di Ferrara, tacito benefattor di chi merita, e per grado di me, che ho stupito nel vedermi presentare dal venerando messer Gian Iacopo Tebaldo, suo imbasciatore, non un vaso di pregio, ma una de le memorie de le antichitá de le credenze estensi. Onde son sicuro che la mia devozione gli è cara, come anco a lui sará del continuo pronta la gratitudine dei miei inchiostri. Ora io, che mi risolvetti de la amorevole vostra gentilezza tosto che vi udii parlare e che vi guardai nel viso, dirò, circa le notabili accoglienze fatte al mio creato, che séte l’onore de la generositá de cotesta nobile patria.

Di Vinezia, il 6 di genaio 1538.

CCCXXX

AL SIGNOR GIOVANBATTISTA CASTALDO

Presenta un suo creato (forse Paolo, di cui nella lett. cccxxxn), che reca un esemplare del primo libro delle Lettere. Io avrei ad ogni modo rafrenato il duro a la bocca del desiderio, c’ha di veder Milano, cosi malconcio come egli è, il creato mio e servitor vostro; ma, per non esser possibile di poter ritenere la volontá, ch’ io tengo che egli visiti voi invece di me, ho consentito che venga. Onde vi prego a vederlo con quel occhio che vi vedrò io, quando Cristo me lo concederá,