Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/143

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die dovrei far io. Ma egli è ben onesto che, sendomi voi superiore di grado e di scienza, mi vinciate anco di umanitá e di cortesia. Benché il core, nel quale vi ho scolpito, supplisce con le sue tenerezze al diffetto de la disavertenza di me, che tanto vi osservo quanto debbo si per la lunga fratellanza, si per le illustre novitá di che ornate gli studi de le Scritture, la nobiltá del sangue, la grazia dei costumi e l’osservanza de la religione. Insomma chi non sa amare messer Pietro Paolo non sa ciò che si sia dolcezza di amicizia eterna, né gioconditá di conversazione virtuosa. Or, per rispondervi circa le cose nuove che mi chiedete per ispasso del magnanimo Trento, signor nostro, dico avere mandato a la bontá sua, insieme con mie carte, alcuni sonetti. E, perché io indrizzai tali scritti in casa del buon don Lope, onore dei negozi cesarei, mi penso che il cardinale illustrissimo l’abbia avute. E, caso che vi venga voglia di vedere ciò che io ragiono a lo imperadore ne la morte immatura de la Maestá d’isabella, ecco che ve lo mando.

Di Vinezia, il primo di giugno 1539.

CDXLI

AL PASTOR PASSONICO

Condoglianze per la morte di un fra Giammaria, cognato del Passonico, e congratulazioni pel matrimonio dell’amico. Io non mi sono, gentiluomo, meno arossato nel ricevere la seconda vostra che io mi rallegrasse nel prendere la prima sua, e ciò ha causato il mio non avere risposto a la caritá di quella, come rispondo a l’amor di questa. E tanto piú lo dovevo fare alora che ora, quanto lo apportator de l’una era di maggior grado che il recator de l’altra: per la qual cosa debbo chiederne perdono a la Eccellenza del fisico, che me la diede, e a la nobiltá del pastore, che me la mandò. E, cosi