Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/149

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non viddi. De la qual cosa mi sono grandemente rallegrato, percioché ne l’amicizia vostra avanzo riputazione, e ne la sua acquisto gloria. Benché séte tenuto di obligo eterno con si alto spirito voi ancora, percioché, avendo egli tradutto in idioma francese la Umanitá di Cristo , composta da me con i vocaboli che noi parliamo, dovete ringraziarlo de l’onore fatto a la comune lingua con la caritá che lo ringrazio io, che mi riputarci indegno de la vita, nonché del nome, non dimostrandomi inverso di si preclaro uomo con la lode che io debbo. E, perché i gran debiti non si pagano con i piccioli esordi, piacciavi, doppo il visitarlo in mia vece, di far si che egli non biasimi lo indugiar io alcuni giorni a rispondere a le parole dei suoi affetti. Io ho fino a qui tenuto i doni mandatimi dal re di Francia e dal Cardinal di Loreno splendidi e belli; ma il presente de la immortalitá, largitami da lo ingegno eletto del prior di Montrottieri, annulla la magnificenzia de la loro liberalitá.

Di Vinezia, il 16 di giugno 1539.

CDXLVI

A MESSER LODOVICO DOLCE

Invia un sonetto composto in occasione del conferimento del cardinalato al Bembo. Eccovi il sonetto, che a la insufficienza mia ha fatto comporre, non la gara, ma l’affezzione ch’io porto al Bembo. E, perché egli non ha bisogno de l’altrui lode, piglisi il mio lodarlo come cosa piú tosto debita che necessaria. Egli è certo che io non mi son mosso a farlo, avenga che lo stuolo di tutti i poeti onori coi versi il dono che del cappello gli ha meritissimamente fatto Paolo terzo, né per darmi ad intendere d’essere atto di por lo stile in si nobil materia ; ma perché ne le nozze dei padroni ci cantano fino ai servi. Or, se nel leggerlo non