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i viventi e i posteri dagli essempi dei vostri scritti che dal «reverendissimo» del cardinalato; ne le cerimonie del cui grado gli onori di qualunche si sia smarriscono le maraviglie del nome, peroché il lauro, che cinge le tempie altrui, è di piú splendore che la porpora, la qual ricopre le chiome d’altri. Or perseverate in cosi lucido negozio, ché ben debbo io persuadervi a ciò. Se ben non bisogna, da che la ottima cortesia vostra si degna in cosi eterne fatiche ricordarsi di me; che, doppo lo sperare di vivere col fiato che con la penna mi darete a la memoria, spetto il punto che per mia ventura destina il condurvi qui. Ma piaccia a Dio che sia tosto, accioché la conversazione fornisca di accrescere la vostra benivolenza.

Di Vinezia, il 12 di decembre 1539.

CDLXXX

A LO IMPERADORE

Degna di tanto uomo e di tanta cittá l’accoglienza fatta al marchese del Vasto da Venezia. Dio voglia che Carlo quinto lo ponga a capo di una spedizione in Oriente. Sacratissimo Carlo, il rispetto che vi si debbe, il costume di questo Stato e il merito del marchese, doppo le sontuose accoglienze fattegli a Chioggia, riceverono Sua Eccellenza con quella pompa che si conviene a le cose di Cesare, a la bontá dei veniziani e a la condizion d’Alfonso. Talché il mare, scosso dai tuoni de l’artegliarie, rigato dai tagli dei remi, fesso da le schiene de le galee e ingombrato da la infinitá de le barche, a pena diede luogo ai suoi iddii, che, bramosi di veder si gran duce, si lasciaron contemplar dagli uomini. Intanto egli, meritamente posto al dominio de la milizia imperiale, quasi simulacro de la mente cesarea, si dimostrò sul bucentoro, trono aureo ne le solennitá, a questi padri conscritti. E, per rispondergli l’animo a la presenza, la presenza a le fattezze, le