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CDXCIII

A MESSER FRANCESCO CALVO

E contento che il Calvo si sia risoluto a sopprimere nella stampa Ae\Y Orlando innamorato del Berni i passi in cui si dice male di lui, Aretino. D’altronde, quantunque il Berni valesse poco, parce sepullo\ tanto piú che maggiore è il numero degli invidi e piú cresce la fama dell’uomo invidiato. Il nostro Albicante mi avvisa che la bontá vostra, circa lo imprimere de V Orlando vituperato dal Berna, è per farne la volontá mia; del che vi ringrazio. Ed è certo che da una persona, come voi, gentile non si può sperare altro che gratitudine. Onde vi dico che cotal baia, la qual morde le cose vostre, mi dispiace piú per vostro onore che per lor dispregio; percioché la invidia, perfetto giudice dei meriti d’altri, le essalta piú col suo lacerarle che non abassaria voi, caso che imprimeste i pregiudizi degli amici. Onde, per grado de la propria modestia, séte obligato o a non dar fuora il libro o a purgarlo da ogni maladicenzia. Veramente, se tutte le tempeste del mare lusserò congiurate contra a questa o a quella nave, non moverebbono con lo impeto con cui mosse il predetto uomo inverso di me, che sempre gli giovai con la lode e mai non l’offesi co! biasimo. Talché mi è lecito, per difendere la innocenzia istessa, introdur qui lo imbasciador d’Urbino, la prestanzia del quale, leggendo il principio del mio Genesi, disse : — Ecco la inimicizia che hanno i pedanti con l’Aretino. — Ma a che fine odiare lo ingegno infuso in altrui da Cristo? E perché tanto gonfiarsi ne la presunzione di quel che non si merita? Dove sono i miracoli di cotanto satrapo? Mettansi i capitoli dei Cardi , de ie Pèsche , de V Orinale e de la Premierá con quegli che io mandai a lo Albicante, al principe di Salerno, al duca Cosimo e al re Francesco; e poi si giudichi de lo stile, de la invenzione, de la piacevolezza e de l’arguzie di noi due. Benché la fama di coloro che invecchiano drieto a lo scriver le ciance da riso è ridicola; e perciò mi è parso degno de la cura, che debbo