Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/227

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dargli, gli ristituisca la facilitá e la patria, de la quale non saria mai uscito, s’egli avesse creduto che il giudice di cotal causa mancasse de la villania, che, vinta da l’avarizia, fa maggior la pena che la colpa. Or poniamo che il dubbio del torto non ci si fusse interposto: come era possibile che ei si rimanesse in Forli, essendo afferrato dagli artigli che tirano gli affetti paterni dietro a l’amor filiale? La fuga, la partita e la rovina di tre figliuoli, nocenti o innocenti che siano, posson cavare il lor genitor de la fossa nonché de l’albergo : onde l’onestá del modesto vecchio merita piú aiuto che scusa. Ma, se ognun che falla può sperare la vostra clemenza, perché egli, che non ha errato, non dee ricorrere a la vostra giustizia? li per qual cagione io, che sono uomo e cristiano, non ho a prestargli il mio mezzo, essendo tenuto a farlo, benché in me non apparisse umanitá né religione? S’io vi dicesse quanti capi hanno gli oblighi che mi spingono a favorirlo, per amarmi come fate, ne ottenerci ogni grazia, se bene egli mancasse del dritto e voi del dovere. Ma non vo’ dirvelo, peroché devete intercedere per lui appresso di voi medesimo molto piú di me : perché io, nel tentar di giovargli, faccio quel che si appartiene a l’amicizia e ciò che si richiede a la gratitudine ; e voi, in consentire ch’ei si difenda, date luogo a la equitá e dimostratevi benigno. Oltra ciò, la fidanza, che lo commette ne le man vostre, è un paragone de la bontade, che vi fa tale; onde gliene séte tenuto. Or io me ne vengo costi. Dico io : per essere il predetto figura de la mia mente e perché lo amico vive ne lo amico, supplico la mansuetudine vostra che voglia, finché dura la diffesa de la ragion comune, largire a la prigion di noi qualcuna de le sue compassioni.

Di Venezia, il 27 di febraio 1540.