Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/229

Da Wikisource.

D

AL CARDINAL DI RAVENA

Loda don Diego di Mendoza. Invia un sonetto. Il signore don Diego di Menciozza, orator cesareo e giovane degno di assai lode e ornato di molto valore, con lo alletto del suo core alto, ha imposto a la umilitá del mio scrivere basso che vi dica, monsignor illustrissimo, come egli vi è quel leale amico e quel amorevole servitore qui, che vi è suto in Ispagna. Onde io, che sono obligato a ubbidirlo, ve ne avviso, gloriandomi che voi, perpetuo padron mio, siate osservato da si nobile, da si generosa e da si eccellente creatura. Io non entro ne la somma dei meriti di lui, per non parermi di mia onestá il voler pagare i debiti, che tengo seco, con la lode di due parole. Benché le sue virtú e le sue gentilezze son si note per se medesime, che ciò, che io ne contasse, saria piú tosto presunzion che gratitudine. Si che a me basta di non essere uscito de l’uffizio commessomi. E, perché una fama da beffe mi ha fatto comporre un sonetto da vero, ecco che lo mando a Vostra reverendissima Signoria, a la cui benignitá bascio la mano.

Di Vinezia, il 27 di febraio 1540. [manca il sonetto]

DI

A MADONNA MARIETA RICCIA

Quanto son graditi ai vecchi i piaceri della campagna, specie il vedere germogliare e spigare il grano e verdeggiare e fruttare la vite! Ma che questi non le facciano dimenticare le persone a lei care, che vivono in cittá. Ecco, sorella savia, che io, nel desiderarvi qui tra noi, bramo ancora di esser costi da voi. Io vorrei che foste qui dove siamo, per grado de la conversazione; e mi saria caro