Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/234

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non potere o per paura: per volontá non mai. E il pessimo intento dei famigliari similmente. Essi di continuo ci rubano, ci amazzano e ci vituperano in atto e in pensiero. Salvo la grazia del mio creato, il quale, secondo l’aviso che io ne ho, si ha giocato il poco men che migliaio degli scudi ritratti da la liberalitá regia e da la prodigalitá Lorena. E di tutto è causa un Medino, che andò giá in sul carro e che rubò la casa di Pier Dei. L’ottimo cristiano se ne era fatti menar buoni dal cardinale cento, che, tenendone commissione, non me gli ha mandati; e il prometter di sborsargliene di or in ora, di testé in testé, l’ha intertenuto, finché l’ozio e il modo gli ha posto le carte in mano. Ma ne farò una vendetta, che moverá i fiorentini, per onor de la propria nazione, a scamparlo da tale ignominia, come lo scampò dal fuoco.

Di Vinezia, l’ultimo di febraio 1540.

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AL SIGNORE ALBICANTE

Perché non gli scrive piú? E montato in superbia per gli onori ricevuti da Cosimo de’ Medici? oppure ha preso cappello per un giudizio troppo sincero pronunziato su lui dall’Aretino? S’io, fratei caro, fusse gran cappellaccio come son piccolo vermine, la magica non mi cavaria da la testa che lo avermivi dato in preda non causasse quel ciò che si sia che permette che piu non mi scrivete. Ma, essendo da meno che l’ombra del lauro, del quale vi coronarono le mani ducali, non vado pensando che la felicitá di qualche nuova fortuna vi accenda ne la mente il fuoco de la superbia, perché la liberalitá signorile (salvo l’onore del comun nostro padrone) solo si allarga inverso dei gaglioffi. Certo il vostro scordarvi di chi vi tiene in continuo memoriale nasce da lo essermi scappato di bocca: — Se PAlbicante fosse buono istorico e buon dicitore come egli è buon compagno e buona persona, il Iovio e il Molza