Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/238

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DVI

AL RE FRANCESCO

Invoca giustizia contro coloro che hanno spogliato al giuoco Gian Ambrogio degli Eusebi dei danari inviati per mezzo di lui all’Aretino dal re di Francia e dal Cardinal di Lorena.

iii

Il mio core, Sire, vi riferisce grazie del dono largito da la Clemenza Vostra a me, servo suo. Benché non è piaciuto a la sorte che io ne goda, peroché alcuni barri di corte in su la fiera hanno truffato la gioventú del mio messo di tutti i denari che egli ritrasse de la bontá del re e de la generositá di Loreno. Ma proveggaci la giustizia di voi, emendando la tarda cortesia con una presta limosina ; e ciò sia in commettere al gran contestabile che si punischino i rubatori de le due mercedi. Adunque io, che tre volte ho mandato in Francia per l’argento molte fiate promessomi, debbo a tenere a la spesa di si lunga via, a la vergogna che me ne risulta e a la perdita del garzone, che disperato se ne va pel mondo? Non sopporti la Maestá regia che il vizio d’altri tolga il pane a la virtú di me, che ho in lei de la speranza che si tien in Cristo.

Di Vinezia, il 7 di marzo 1540.

DVII

AL SIGNOR GlANGIOVACHINO Per caritá, gli faccia riavere per via di giustizia i danari che Gian Ambrogio degli Eusebi ha cosi barbaramente barattati ! Poiché gli uomini nel ricorrere agli altri uomini fanno fede de la grandezza e de la bontá loro, a me pare, signore, ricorrendo a voi, confermarvi il vostro essere grande e buono. Onde