Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/275

Da Wikisource.

onde, come ramentai sempre le gran virtú di voi al grandissimo signor Giovanni, ardisco pregarvi che almeno una volta rammentiate al suo felice figliuolo la ingiuria che fa Sua Eccellenza a la sviscerata mia servitú, negando il pane a Orazio, mio cognato e vostra creatura. Io cerco in ciò il mezzo di voi, per credermi che egli sia persona da guadagnarlo con l’armi; ché, pensando altrimenti, non ve ne parlerei. E, perché io Io desidero con tutto il core, avrei caro che la gentilezza, chela generositá del sangue, de la milizia e de la dottrina vostra non tenesse in lungo quel «si» e quel «no», che si ritrae da le buone e da le triste risoluzioni.

Di Vinezia, il 19 di settembre 1540.

DXXXVIII

AL DUCA DI FIORENZA

Perché non vuol beneficarlo? Eppure conti, marchesi, duchi, principi, cardinali, re, imperatori, tutti lo soccorrono. Fino a quanto indugiará la gran felicitá vostra a por mente a la estrema miseria mia? Adunque voi, che séte quel che non si poteva essere, sopportate ch’io stenti il pane ne la presente etade? Viva Pier Luigi Fernese, da che in Cosimo de’ Medici appare una crudeltá si fatta. Signore, s’avviene che non vi paia di darmi il vitto nel modo che io merito, datemelo ne la maniera che vi pare; e cosi la mia servitú si lodará de la vostra fortuna. Ma non si creda che le parole, che io vi scrivo con il core e con l’animo, sian dette con il rancore de l’animo e con lo sdegno del core, peroch’io non cedo a voi medesimo in bramar la grandezza meritata da la placida bontade vostra. Ma, provocato da la povertá e da la vecchiaia, carichi gravissimi a la calamitá de la vita, simiglio, nel risentirmene, i soldati del famoso padre di voi, i quali, oppressi da la fatica continua, da la penuria de le cose, da la tarditá de le paghe, dai moti