Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/36

Da Wikisource.

CCCLII

A LA SIGNOR \ GINEVRA MALATESTA Lodi. Quanto piú son frequenti i saluti, che voi, donna sopranamente degna e degnamente soprana, mi mandate, tanto meno mi sento disporre l’animo a rendervene il premio de le risposte convenienti ; e ciò procede da la conoscenza che io ho di me stesso, e non da naturai superbia. Il non esser io atto a trovar parole, che in lor grado si confacino a la grandezza di quelle con cui continuate a salutarmi, mi toglie in modo l’ardire, che, nel tentar di formarle, le sento disperdere tra la memoria che l’ha concette e la lingua che vorrebbe esprimerle. Talché voi e io ne restiarn mal sodisfatti in un tempo: voi nel merito, e io nel debito. Ma, perché è meglio il dimostrarsi senza ingegno che senza gratitudine, ceda il timore, che mi persuade il silenzio, a la volontá, che mi stimula a dirvi che non è lecito che il mio nome sia proferito da voi, che séte la maestá de la grazia e de la bellezza muliebre. Onde ognun vi celebra, ognun vi ammira e ognun vi osserva; e, ciò facendo, osservano, ammirano e celebrano la visibile divinitá di tutta questa etade, conciosiaché ella appare in voi sola. Onde, se la modestia, che mi fa arossire mentre onorate la indegnitá del mio nome col mentovarlo, si convertisse in prosunzione, mi terrei beato; imperoché dal cambiarsi la sua vergogna in temeritá nascerebbe il non mi accorgere del mio demerito, talché me ne gloriarei come di cosa da dover gloriarmene. Benché, cosi quale io sono, tengo lo esservi noto per una solenne e singular ventura. Conciosiaché quella eccellenza di intelletto e quella capacitá di spirito, con cui la natura si di rado fa perfetta una femina, è si compiuta in voi, che non è maraviglia se col giudicio e con l’opera penetrate e comprendete in tante e in cosi fatte sorti di virtú. Onde la poesia, la musica e la pittura, con ogni altra simile scienza, non ha in