Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/55

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cronica! L’onore de la quale si puote invidiare come la gloria di quegli che ella, mercé di lor medesimi, piú essalta ; perché i di d’oggi hanno visto cose si strane e si incredibili, che bisogna a la Fama, che allarga i termini di ciò che sente con quel che agiugne, scemare grado a l’essere e non crescere degnitá a la fizzione. Infine il nostro presente si dee chiamare scorno del passato d’altri e miracolo del futuro altrui, suggellando i suoi accidenti con la pratica di Paolo terzo, di Carlo quinto e di Francesco primo, la cui mente non risolvendo la causa di Cristo, che essi trattano, dirassi che era piú degno perseverare ne l’odio con i soliti effetti che fingere di mancarne con insolita dimostrazione. Ma tolga Iddio dai petti de le due Maestá l’ostinazione, che nega il dare e conferma il volere, percioché è men biasimo il levarsi in tutto da la religione che perversamente osservarla. E da cotale discordia nasce che ella è meno temuta dagli infedeli e meno riverita da noi.

Di Venezia, il 23 di giugno 1538.

CCCLXXI

A MESSER IACOPO CASOLA

Dolente della morte di Luigi Casola, offre la sua amicizia al figliuolo, e lo consiglia a stare di buon animo ai servigi del Cardinal Santafiore. Le lagrime, ch’io ho sparte su la carta che mi mandate, sono state assai piú che le lettre scritteci, perché, nel leggerle, mi si rapresentò dinanzi agli occhi de l’animo la bontá, la cortesia e la virtú de l’ottimo messer Luigi, giá compare a me e padre a voi. Io mi vergogno mentre me ne ricordo, per esser state molto mal remunerate da la mia inavertenza le amorevolezze, che il core de l’umanitá di lui s’ha tratte piú volte di seno per accarezzarmi. Ma vi giuro, per le dolcezze de l’amicizia ch’io ebbi con seco, che nel secondo libro de le Pistole , che verran tosto fuora, farò tal menzion d’un tanto cavaliero, che Piacenza,