Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/92

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sono molto in uso, e la lunghezza de la via è cagione che non ne facci venire de la patria. E, caso che qui sia frascaria che vi vada a gusto, servitivi di me con la sicurtá ch’io mi accomodo di voi.

Di Vinezia, il 8 di agosto 1538.

CD

AL BEMBO

È fin troppo onorato che, nello scriver lettere, gli si dia il secondo luogo dopo il Bembo. Ma egli non scrive se non per forzar la mano all’avarizia dei grandi. Io, o signore, che mi credeva essere piú diverso dai costumi dei principi per natura che non son differente dal grado per fortuna, confesso aver l’animo ne l’orecchie non altrimenti che s’abbino essi: perciò do subito fede a quello che per altrui mi si riporta. E, per dirvi, non so chi m’ha riferito che, dicendovisi che ne lo scrivere de le lettre sarete Cicerone e io Plinio, rispondeste: — Purché Pietro se ne contenti. — Vostra Signoria puote giudicarvi come le pare; ch’io, per me, so bene con qual conscienza guardo l’opere mie e con quanta riverenza cedo a le vostre. Volesselo Iddio che si onorato luogo mi si desse per sentenza di voi! Piacessegli pure, ché forse viverei ne le carte, che mi imbratta lo stimolo del disagio e non lo sprone de la fama. Vorrei piú tosto che il mondo mi notasse per reo che de si stolta arroganza: perché la malvagitá morrebbe con esso meco; ma l’essempio di tale audacia, passando fra quegli che ci verranno doppo, locaria l’ignoranzia dei simili a me nel trono de la presunzione. Certamente che il mio spirito, oppresso da una tacita ingiuria, si vergogna che condanniate la sua modestia per temeraria. Certo che mi saria men grave il sostener ogni fatica con il corpo e il sofíferire ogni pericolo con il core che il rimanersi in si onestissimo