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CDIV

A MADONNA GENTILINA VITELLI

Loda lei e i due suoi figliuoli, vera immagine del loro defunto genitore. Io stavo apunto pensando, come sa la Reverenzia di messer Nicolò, di scriver una lettra a Vostra illustrissima Signoria, solo per ridurle nel pensiero non pur la frequente e amicabile conversazione ch’io ebbi con la dotta e onorata memoria del suo buon consorte, ma la domestica e accetta servitú che tenni seco molti anni e molti. Io avevo giá preso la penna, intintola ne lo inchiostro e cominciato a segnar con essa la carta ; quando ecco a me il signor Pavolo e il signor Chiappino, veramente degni figliuoli suoi e vostri. Eccogli a me, dico, con quella propria familiaritá, che usava, nel vedermi, il lor genitore. Onde fu forza che io non pur lasciassi lo scrivere, ma che andassi alterando me stesso. Certo ch’io, nel vedermigli inanzi, sospirai per il duolo de la rimembranza del padre e lagrimai per la letizia de la presenzia loro. E, mentre versai lagrime e trassi sospiri per l’una cagione e per l’altra, ecco che scorgo ne la sembianza di quel signore e di questo la imagine de la mansuetudine severa e lo essempio de la gioconditá terribile. Di severa mansuetudine è composto il di voi primogenito e di terribile gioconditá il secondo; talch’io mi rallegro d’essergli caro, come mi contristarci del non me gli conoscer grato. E non è dubbio che eglino sono eletti dal cielo a raccendere tutti i torchi di quella gloria, che ha spenti il tempo, la fortuna e la morte ne la chiara, sublime e generosa progenie Vitellesca. Si che rallegratevene, o singulare exempio de la prestanzia e de la onestá muliebre, a l’ombra de la cui modestia si siede la bontá del costume e la fermezza de la continenza: onde chi vede voi, scorge il pregio e l’onore de le matrone perfettamente caste e castamente perfette.

Di Vinezia, il 13 d’agosto 1538.