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DCXL

A MESSER MATTEO APPOLONI

Ringrazia del dono di ravigiuoli (giunti guasti) e di ciliege confettate, apparecchiate daH’uttima madonna Lucrezia (Vitali?). Se almen l’ombra de la cortesia di voi, che séte si piccol prete in Arezzo, fusse in alcuno di coloro che sono si gran prelati in Roma, io tengo per fermo che il piombo di questa etá diventarebbe oro. Or pensisi ciò che saria, caso che la liberalitá del resto dei sacerdoti di costi si dilatasse con effetto negli animi di tutti i cardinali de la corte. Certo che la fredda volontá, che è in me circa il pure un tratto tornare a la patria, è per trasformarsi in ardente desiderio di venirci; e ciò mi averrá mercé del bel tempo che voialtri sozi séte per darmi quegli otto o quindici giorni che io penso d’essere in preda de le vostre amorevoli carezze. Onde mi parrá risuscitato messer Matteo Capuicciuoli e messer Fabbiano Bonci, canonici reverendissimi e compagni singulari. Credetemi pure ch’io non mi trovo mai di ghiotto appetito, se non quando mi ricordo dei lor formaggi, dei lor presciuti, dei lor salsiccioni, de le lor olive, dei lor funghi, dei loro intingoli, de le lor insalate e dei lor motti, le cui dolcezze adoppiavano il sapore a le cose predette ; come anco le mie benedizioni avriano radoppiato laude a la villanella che fece i ravvigiuoli mandatimi, se la tarditá del giunger loro pativa che io gli potessi assaggiare. Benché la corruzzione di essi non fa ch’io non ve ne resti obligato; avvenga che in cambio di ciò hanno supplito le ciriege confette di madonna Lucrezia, mia, non come né quanto, ma piú che figliuola, a la quale scriverò alora che ella non se lo aspettará. Intanto raccomandatemi a lei, al marito, al suocero e a la suocera, supplicandola ad iscusarmi con la sorella e con il cognato, pcroché il rispondere, che non faccio a tante loro, si ristorará tosto con mille a la fila.

Di Vinezia, il 6 di novembre 1541.